STORIA DELL'ANTROPOLOGIA
PRIMA
Nonostante la curiosità per usi e costumi stranieri sia sempre stata presenta nella cultura europea, lo sviluppo di un primo atteggiamento antropologico avviene solo con l'Illuminismo: si inizia ad interessarsi più "profondamente" all'altro, a studiarlo, facendo emergere la relatività di usi e costumi e con una conseguente prima critica all'eurocentrismo.
GLI INIZI
La prima corrente antropologica fu l'evoluzionismo, basata sulla convinzione che tutta la realtà sia in continua trasformazione, così le diverse società si muovono insieme verso uno stadio successivo di evoluzione tecnologica. Non tutte, però, si muovono contemporaneamente e allo stesso ritmo.
I principali esponenti dell'evoluzionismo sono Lewis Morgan, James Frazer e Edward Tylor.
Morgan fu l'iniziatore dell'antropologia di parentela (che studia l'organizzazione dei sistemi di parentela nelle diverse culture) e creatore di uno schema evolutivo delle società umane distinto in tre tappe:
- La fase selvaggia (caratterizzata da caccia e raccolta)
- La barbarie (caratterizzata da agricoltura e allevamento)
- La civiltà (caratterizzata dall'uso della scrittura e delle macchine)
Questo modello è però "superato", in quanto non è possible sostenere che vi sia un unico percorso evolutivo generale.
Tylor e Frazer si occuparono invece dello studio delle religioni: il primo prevalentemente dell'animismo, il secondo di un discorso più generale su caratteristiche e usanze religiose.
I "CLASSICI"
Sotto il motto "Tutti sul terreno!", propugnava un metodo di ricerca induttivo così riassumibile:
- Osservazione diretta di fatti concerti
- Raccolta e analisi di dati
- Elaborazione di teorie e leggi
Negli anni '30 nasce la scuola antropologica di "Cultura e personalità" grazie agli allievi di Boas, tra cui Abraham Kardiner, Ralph Linton, Ruth Benedict e Margareth Mead. Essi concepirono la cultura come un sistema di comportamenti che caratterizza un determinato ambiente sociale trasmesso attraverso l'inculturazione.
In questa prospettiva tutti i membri di una cultura condividono una personalità di base, ovvero l'insieme dei tratti comportamentali appresi durante l'infanzia e l'adolescenza.
Bronislaw Malinowski è considerato il principale teorico del funzionalismo culturale, approccio che collega la funzione della cultura ai bisogni biologici dell'uomo.
Nato in Polonia, soggiornò per lunghi periodi sulle isole Trobriand, al largo delle coste della Nuova Guinea, esperienza da cui nacquero i suoi saggi principali.
Durante le sue ricerche, Malinowski si immerse nella vita sociale degli indigeni, cercando di capire la funzione sociale dietro tutte le usanze.
In "Teoria scientifica della cultura", Malinowski spiega la sua interpretazione del concetto di cultura: per capirla bisogna prima comprenderne la funzione, ovvero quella di proteggere la specie. Per ogni bisogno biologico viene prodotta una risposta culturale che può variare molto di popolazione in popolazione. Ciò può essere visto analizzando la funzione di manufatti all'interno di diverse società.
Levi-Strauss è il massimo esponente dell'antropologia strutturale, un complesso di teorie atto a individuare strutture sociali (elementi universali che sostengono e orientano i comportamenti sociali umani).
Ne "Le strutture elementare della parentela", Strauss svolge un'analisi dei rapporti di parentela presenti in tutte le società, per arrivare alla domanda: che cosa distingue gli uomini dagli animali?
Egli sostiene che una linea di confine risieda nella creazione di legami di affinità conseguenti al matrimonio, che, uniti a quelli di filiazione e consanguineità, compongono l'atomo di parentela.
Levi-Strauss inaugura quindi la metodologia di analisi strutturalista, che consiste nella ricerca di elementi universali nella varietà delle produzioni culturali umane.
Ad esempio, la parentela è una costruzione culturale, ma esistono alcune leggi presenti in tutte le cultura, come il tabù dell'incesto, che rende obbligatoria l'esogamia.
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